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Pasquale Cucchiara – Le foibe e le scomode responsabilità del fascismo

Finché non faremo i conti col nostro passato non analizzeremo mai pienamente la questione delle foibe.

L’uso politico della storia e la voglia di una certa destra di contrapporre, a tutti costi, all’olocausto  una strage “comunista” fa sì che le foibe vengano presentate come «pulizia etnica» o come violenza perpetrata contro gli italiani in quanto tali.

Per capire bisogna fare un passo indietro.

Nei primi anni ’20, il cosiddetto “fascismo di confine”, aveva come obiettivo la cancellazione dell’identità culturale e linguistica delle minoranze interne. Si parlò addirittura di “snazionalizzazione” e di “genocidio culturale”. Perseguendo questo obiettivo, i fascisti italianizzarono i nomi e cognomi delle minoranze, cancellarono la segnaletica stradale in lingua straniera, eliminarono dalla scuola l’insegnamento della lingua Slovena e furono confiscati terreni, cooperative, bestiame e fabbriche di proprietà delle minoranze slave. Con l’occupazione militare del ‘41 il governo fascista colpì e distrusse abitazioni ed edifici pubblici come ospedali, biblioteche, scuole e soprattutto internarono e uccisero, sul modello nazista, centinaia di partigiani, insegnanti, sacerdoti, operai ed intellettuali. Nella sola provincia di Lubiana vennero fucilati durante operazioni di rastrellamento circa 5000 civili, ai quali vanno aggiunti i circa 900  partigiani catturati e fucilati. A questi si devono aggiungere altre 7000 mila persone, in gran parte anziani, donne e bambini morti nei campi di concentramento in Italia. A proposito, i campi di concentramento presenti in Italia erano 202 e servirono anche per riempiere gli alberghi di Auschwitz, Dachau, Mathausen ecc ecc. Nessun italiano venne processato per questi crimini perché l’eredità fascista dell’Italia post bellica lo impedì.

Con l’armistizio di Cassibile, i partigiani slavi presero coraggio e intensificarono le loro rivolte contro i tedeschi che, nel frattempo, avevano tempestivamente occupato i territori circostanti, Friuli Venezia Giulia compreso. In questo periodo di sbandamento generale, molti militari italiani scelsero di unirsi ai partigiani jugoslavi e con loro parteciparono attivamente alla difesa o alla riconquista di città come Spalato, Dubrovnik e Belgrado. Non  a caso, la commissione “Riconoscimento partigiani italiani all’estero” ha riconosciuto l’attività dei partigiani italiani che hanno combattuto  in altri paesi contro lo stesso nemico: i nazifascisti. Inoltre, mi piace ricordare che anche due favaresi combatterono con i partigiani agli ordini del Maresciallo Tito come Vincenzo Diana e Antonio Lombardo.

Ovviamente, niente può e deve giustificare quegli orribili massacri. Pietà per i morti e sano esercizio della memoria.