Sconfortanti i dati economici che conclamano il disastro del sud in generale, ma particolarmente grave, in Sicilia dove l’economia continua a ristagnare.
Il fermo immagine è dello SVIMEZ. l’Istituto di ricerca sul Mezzogiorno.
L’Italia torna lentamente a crescere, come si evince nel rapporto SVIMEZ 2018, ma a due velocità: la forbice Nord-Mezzogiorno, infatti, si accentua. Ed è soprattutto la Sicilia la Regione meridionale che cresce meno. Se Campania, Calabria e Sardegna, nel 2017, hanno sfiorato un tasso di crescita del +2%, l’Isola invece si è fermata allo +0.4%.
Nel frattempo si osserva anche che il calo dei consumi delle famiglie del sud, nel decennio 2007-2017, sia stato quasi del –10%.
Numeri nefasti soprattutto per i giovani, tanto che si può parlare di drammatico esodo giovanile, ma stavolta con laurea o diploma in tasca (fuga di cervelli dal meridione) e non più con tasso di istruzione non elevato come negli anni 50-60.
“Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi il 20% laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. Quasi 800 mila non sono tornati”. Così scrive sempre lo SVIMEZ. Che racconta di un Sud che si desertifica. È proprio la Sicilia, la regione dove l’emorragia è clamorosa, che fa peggio di tutti in questa classifica dell’esodo e dello svuotamento.
E mentre il dibattito politico pubblico si concentra solamente sull’immigrazione, in realtà è l’emigrazione la vera piaga sociale dei nostri tempi nella nostra isola, perché i siciliani partono e se ne vanno. Un fenomeno che non può o meglio che non dovrebbe cogliere di sorpresa chi è mediamente attento alle nostre condizioni socio economiche. Invece tutti a occuparsi solo di chi arriva e non voler vedere chi invece se ne va e a quelli che restano, che spesso, sono in condizioni di reddito economico molto, ma molto, gramo. Il Pil siciliano pro capite è la metà rispetto a quello del Nord (17 contro 34mila euro).
Solo nel 2017 se ne sono andate dalla Sicilia 16.700 persone. Il direttore dello SVIMEZ parla di “grave depauperamento sociale”. Ci sono paesi che hanno tanti residenti all’estero quanti in Sicilia. Ad esempio ad Aragona, proprio in provincia di Agrigento, ci sono 9.600 residenti, altri 8.000 vivono fuori. Però gli occhi e gli interessi di tutti sono puntati sull’immigrazione, perché questo vuole l’agenda politica, ma credo, nessun politico, o forza politica, si stia occupando di questo rapporto drammatico per il mezzogiorno e la Sicilia in particolare.
E come ha ricordato anche l’Anci Sicilia Il libro della ecatombe ha numerosissime pagine e le infrastrutture sono sempre ai primi posti per degrado e inefficienza. “Gli amministratori siciliani sentono forte il disagio legato al profondo stato di degrado del sistema di viabilità autostradale e secondario siciliano fatto di strade dissestate, autostrade a una corsia per deviazioni e restringimenti di carreggiata, vegetazione incontrollata, che ostruisce pericolosamente la visibilità e gallerie in cattivo stato e poco illuminate e denunciano una situazione viaria drammatica sulla quale bisogna intervenire in maniera tempestiva”. Così Leoluca Orlando, presidente dell’associazione dei Comuni, ed aggiungo io, con un sistema viario e ferroviario generale che risale al dopoguerra con strade non solo tenute malissimo, ma che risalgono al dopoguerra e non più adeguate, sia ai mezzi di moderni come autocarri di dimensioni enormi e al flusso di mezzi non certo paragonabile al periodo a cui risalgono le nostre strade statali e provinciali. “Servono fondi adeguati che permettano interventi infrastrutturali che rendano una mobilità più agevole, sicura e in linea con la quantità di mezzi oggi in circolazione, in tutta l’Isola”, continua l’ANCI.
Anche Confindustria Sicilia è fatta sentire sull’argomento, “Siamo consapevoli che il problema non è rappresentato dalle risorse, che ci sono, ma dalla qualità della progettazione che troppo spesso è stata assente. Finora si sono preferiti interventi spot a politiche di sviluppo concrete. La Sicilia deve certificare e rendicontare una spesa di oltre 700 milioni di fondi Po Fers 2014-2020 entro il 31 dicembre e la fetta più rilevante è rappresentata da infrastrutture ferroviarie e autostradali”. Insomma evitare che siano ancora una volta un’occasione perduta e soldi buttati via nonostante le nostre grave situazione socio-economica-infrastrutturale.
Quello che SVIMEZ sottolinea è il fatto che, nonostante i chiari segnali di ripresa degli ultimi anni, il Mezzogiorno, se non sostenuto da politiche finalmente mirate e consistenti, rischia una forte frenata nei prossimi anni, dovuta al rallentamento del commercio mondiale e alle maggiori incertezze internazionali. Occorrono investimenti pubblici, calati in misura sostanziale. Sostiene SVIMEZ che “il ruolo spesso evocato nel dibattito di politica economica su efficacia e rilevanza degli investimenti pubblici quale volano dello sviluppo del Paese è, nel Sud, confermato con ogni evidenza”.