In Sicilia nel 2008 su 4,6 milioni di elettori hanno votato poco più di 3 milioni di cittadini con una percentuale del 66,7%. Nell’ottobre 2012 su poco più di 4,6 milioni di aventi diritto ne hanno votato 2,2 milioni con una percentuale del 47,4%.
Le elezioni del 2012 sono state vinte dall’attuale Governatore Rosario Crocetta con 617.000 voti, ufficialmente col 30,4% (perché calcolati sui votanti) ma realmente col 13,3% se invece calcolato sui siciliani aventi diritto al voto. Insomma Crocetta pur rappresentano un misero 13,3% dei siciliani ha governato (si fa per dire) la Sicilia per lunghi 5 anni col risultato che è sotto gli occhi di tutti, assoluta miseria infrastrutturale, economica, occupazionale, sociale, sanitaria, culturale e con i nostri giovani per la stragrande maggioranza a cercare fortuna fuori.
Ma sembra che la lezione della bassissima affluenza elettorale non sia servita ai partiti siciliani visti gli attuali comportamenti litigiosi. Ma non solo, qualcuno addirittura, della Sicilia, ne sta facendo laboratorio sperimentale per le prossime elezioni nazionali. La Sicilia, ma soprattutto la gente siciliana, usata come merce di scambio per le elezioni politiche del prossimo 2018.
A giudicare dal balletto delle candidature, degli schieramenti, e dagli slogan e frasi ad effetto come “civismo politico”, “uscire dalla palude” (ma chi ci ha portato dentro la palude?), “coalizione larga” nessuno cerca di analizzare, per cercare di darne soluzione, i mille problemi della nostra martoriata Sicilia. La bontà politica adesso è formata dalle persone e dalle aggregazioni e non più dalle proposte e dai programmi attorno ai quali si dovrebbero formale le coalizioni e scegliere chi realizzarli, questa è la rivoluzione copernicana dei partiti nei confronti della Sicilia.
Ci si aggrega non in funzione delle idee di governo ma solo ed esclusivamente per sommatoria di percentuale di possibili votanti che ciascun partito riuscirà a portare in dote, i numeri che sostituiscono le proposte, l’importante è solo conquistare le “poltrone” il programma è secondario.
L’emblema di questo nuovo metodo sconsiderato di fare politica è l’OPA su Angelino Alfano col suo partito Alleanza Popolare (ma non solo lui) che in Sicilia viene valutato intorno al 7% e che quindi può essere determinante ai fini della possibile vincita finale. Alleanza che può anche essere utile per le prossime nazionali, cosi come vuole il grande capo Renzi che da Roma ha dettato, ma meglio imposto, l’alleanza col PD-Alfano.
Quindi accordo politico con Alfano, Castiglione (centro accoglienza C.a.r.a. di Mineo) e Firrarello (genero e suocero) in funzione della loro dote di elettori e non per le sue idee i suoi programmi.
Ricordo a chi l’avesse dimenticato che il listone unico PD-AP (leggasi Renzi-Alfano), presentato a Palermo, solo qualche mese fa, alle scorse amministrative, è riuscito a racimolare un misero 8%.
Ma forse per questo gli strateghi del PD lavorano ad allargare la coalizione con l’ultimissimo scampolo acchiappavoti, il nuovo politico emergente simbolo della coerenza politica (?), popolarissimo in Sicilia assieme a Tabacci, e che risponde al nome di Giuliano Pisapia.
Si proprio quel Pisapia, ex sindaco di Milano, che ha speso fiumi di parole contro qualsivoglia ipotesi di alleanza con Alfano. “il nuovo centro destra di Alfano non è compatibile con il nuovo centrosinistra o sinistracentro” scandì l’11 marzo a Roma presentando il suo campo progressista, ma forse questo in Sicilia non è valido? Complice magari il suo rapporto col Sindaco di Palermo, che ne ha raccontato la telefonata del via libera di Pisapia per la corsa elettorale assieme al PD e ad Alfano a sostegno della candidatura di Micari, Rettore all’università di Palermo, come candidato Presidente per la coalizione. Ma Micari chi? Dirà qualcuno e io insieme a lui. Come se l’essere Rettore universitario voglia dire buon governatore della Sicilia, ma dove sta scritto questo assioma? Una colazione che mette insieme uomini e persone, come se si dovesse fare una scampagnata, ma non riesce a mettere insieme due sole parole, una dietro l’altra, programmatiche.
Ma quando il PD riuscirà a trovare un candidato politico al suo interno? Perché no uno degli assessori PD del Governo Crocettta? Perché no il Segretario Regionale Raciti che ne tira le fila ormai da diversi anni? Se non è all’altezza di essere candidato al governo della Sicilia perché lo è per governare il PD siciliano?
Ma anche nel centrodestra non si respira aria migliore. Ma con quale carisma e con quale legittimazione, popolare o congressuale, ogni cinque anni, con l’approssimarsi della campagna elettorale, spunta il nome di Gianfranco Miccichè (lunga mano di Berlusconi sull’isola) con veti e imposizioni come fosse il messia siciliano del centrodestra? Questo personaggio scompare dalle cronache politiche per cinque anni, forse impegnato nella gestione del potere, chiunque ci sia al governo siciliano, per riapparire, dare le carte e decidere chi debba essere il candidato alle elezioni e chi li debba vincere, non sempre, per lui, le due cose devono per forza coincidere.
Per lui e quindi per Berlusconi il candidato in Sicilia “deve” essere Gaetano Armao, giurista e assessore con Raffaele lombardo, mentre per i Fratelli d’Italia della Meloni e per la lega di Salvini, che però in Sicilia si chiamo “noi con Salvini” per riuscire a camuffarsi e dimenticare “forza Etna”, il candidato, imposto da Roma, anche contro il parere locale, deve essere l’ex missino Nello Musumeci. Ma in queste due candidature l’intreccio degli assensi e dei veti è assolutamente traversale fra i tre partiti, in quanto pezzi non indifferenti dei tre, parteggiano per l’uno o per l’altro ma sempre in funzione di “visioni” personalissime e anche qua senza nessuna discussione di merito su che cosa serve alla Sicilia e ai siciliani. Il programma è un optional di cui ne sono innamorati i novellini della politica, i sognatori, chi lotta per una Sicilia migliore e forse anche i giovani disoccupati e i capi famiglia senza lavoro che devono sfamare le bocche dei propri cari.
Pure il M5s che si è presentato prima di tutti ai nastri di partenza col proprio candidato Giancarlo Cancelleri, deputato uscente e già candidato alle passate elezioni, si è presentato senza ancora un programma, a mia conoscenza, né abbozzato né definito, sostenendo che sarà realizzato durante la campagna elettorale ma che rischia di vincere più per debolezza degli avversari che per meriti propri, avendo improntato la campagna elettorale con slogan e con molti interventi contro e pochi propositi che non vanno oltre il solito taglio ai vitalizi.
Anche la sinistra in Sicilia rischia, con questo panorama, di presentarsi da sola, e se tutta unita sarebbe già un successo, in quanto al momento attuale sono due i candidati in corsa.
Sulla scena politica elettorale siciliana si presenta per la prima volta, al giudizio degli elettori, il neo partito formatosi a seguito della fuoriuscita dal PD, per divergenze politiche, di personalità di primo piano importanti come D’Alema, Bersani, Speranza, Rossi, Capodicasa, Mariella Maggio, ecc., per formare il movimento di sinistra Articolo uno MDP.
Proprio da parte di Articolo un-MDP, Possibile di Giuseppe Civati e di Sinistra Italiana il candidato proposto è Claudio Fava, Vicepresidente nazionale dell’antimafia, il quale dichiara che farà tutto col consenso dell’altro candidato Ottavio Navarra proposto da Rifondazione Comunista ed altri. Nell’interesse comune dovrebbero trovare la sintesi per un candidato unico della sinistra italiana.
Sarebbe interessante e coinvolgente per i siciliani se invece di assistere alla diatriba sui nomi, il mio è più bello del tuo, chissà poi in funzione di cosa, (forse della loro fedeltà al proponente?) assistessimo invece a una discussione, anche vivace ed accesa, su come far arrivare investimenti in Sicilia, su come rilanciare il nostro turismo che migliorerebbe la nostra economia e ci porterebbe posti di lavoro, su come dare lavoro e futuro alle nuove generazioni, su come modernizzare le nostre infrastrutture, su come rendere competitivo il nostro sistema sanitario e così via, invece ci propongono accoppiate che servono solo a soddisfare aspirazioni personali che nulla hanno a che vedere con gli interessi dei siciliani.
In tutti questi mesi, dalle preoccupazioni(?) dei partiti, è scomparso il tema dell’affluenza alle urne, di cui se ne parla solo due giorni dopo le elezioni e che con questo clima e questi chiari di luna rischia ancora di peggiorare, considerato che la gente non si sente attratta da questa discussione sui nomi ma desidererebbe che si parlasse dei problemi della Sicilia e dei suoi abitanti che soffrono e che vorrebbero far parte dell’Europa non solo geograficamente ma economicamente, civilmente, culturalmente con lo stesso reddito pro capite e con gli stessi servizi.