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I linticchieddi… (gli altri) siamo noi!!!

pegasoPANIFICIO CANNATELLO

 

 

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Sono un bel ricordo d’infanzia. Quando penso a loro la prima immagine che mi viene in mente è la zona di San Rocco/Giarritella.

In particolare un cortile – tuttora abitato – dentro il quale si svolge la vita sociale delle numerose famiglie che insieme condividono persino uomini e donne. Dopo quest’immagine mi vengono in mente i continui litigi scaturiti da un futile e casuale episodio. Mentre ero con i miei coetanei a giocare e a tirare con delle arance verso una grande saracinesca vicina, il caso ha voluto che da lì e proprio in quell’attimo passasse Totò Stagno linticchieddu DOC. Quell’arancia si era schiantata letteralmente sulla testa del povero passante; è stata la miccia che ha dato inizio ad una serie di liti tra ‘bande’ durata diversi anni sino a che non mi sono trasferito in una zona distante rispetto a quella di ‘giarritella’ luogo/spazio e quasi ghetto a loro riservato. Passare dalle loro parti era assai sconsigliabile, era come se fossero sempre in agguato. Tutti mi conoscevano e ci conoscevano. Ogni incontro diventava uno scontro fisico. Non finivamo mai di lottare. Quelle liti sembravano interminabili.

Caratteristica delle liti: non bisognava essere in compagnia di più ragazzini o di qualche familiare. Sembrava come se ci fosse un codice non scritto e condiviso. I guai erano quando loro stavano in tanti ed io o noi in pochi, si apriva la caccia al nemico. Una volta – e non lo posso dimenticare – Totò nell’intento di costruirsi un’arma con una pietra si tranciò di netto il dito. Di chi mai doveva essere la responsabilità? Non c’erano ragioni perché non fosse nostra. Totò linticchieddu dopo qualche anno partì per il nord forse verso la Francia o la Lombardia, fatto sta che non l’ho più rivisto. E a dire il vero mi è mancato perché nel conflitto ricordo che c’era rispetto più che odio. Ma siccome le regole non scritte prevedevano quel percorso nessuno poteva tirarsi indietro. E così è stato. Lui era un ragazzino dagli occhi intelligenti, scalzo, malvestito – come noi d’altronde – e ngrasciatu. Con lui ed i suoi amici stretti condividevamo persino i pidocchi che all’epoca la facevano da padrona. Tra la sporcizia e le lotte tète a tète evitarli era impossibile. Arrivati a casa ogni dopo battaglia c’era il pettine stretto pronto a fare la sua parte e scaricare gli invasori parassiti che non volevano saperne di estinguersi.

Più volte ho chiesto ai miei nemici d’infanzia il motivo di un epiteto che li faceva sobbalzare dalla rabbia. Non lo sapevano. Era solo un modo come un altro per offenderli marginalizzandoli. Di vero c’era che qualche riferimento ai legumi era nelle cose. Si raccontava che intorno al XVII secolo i primi a guadagnarsi un così secolare epiteto avevano fatto man bassa di lenticchie presso il Castello di Chiaramonte dove vi era il deposito di legumi. Molti come me sono propensi a far risalire cotanta offesa al mangiare dei poveri. I legumi per la loro abbondanza non mancavano mai nei loro catoj.

I linticchieddi non erano poveri tout court erano dei poveri particolari proprio perchè provenienti da fuori Favara. C’era chi li faceva discendere dalle popolazioni dell’est europeo e c’era chi li faceva discendere dal nord Europa. Sia gli uni che gli altri non è che avessero molto riguardo per i forestieri. È stato pertanto facile affibbiare etichette ghettizzanti. Di converso i linticchieddi hanno coltivato la loro differenza sposandosi tra di loro ed agendo al di fuori di ogni regola morale condivisa. Padri che se la facevano con le figlie dalle quali avevano altre figlie/nipoti e così per intere generazioni specie nel secondo novecento che poi è quello che ricordo e conosco meglio. In questo caso ghettizzare i linticchieddi ha significato imbarbarirli sotto il profilo etico/sociale. Questo status è andato ad affievolirsi ed ora è quasi del tutto scomparso grazie al salto di qualità economico che è coinciso con l’impiego a tempo indeterminato presso le pubbliche amministrazioni compresa le nettezza urbana dove sino a qualche decennio fa, sembrava che ne detenessero il monopolio della manodopera. Ora che molti di loro, sia uomini che donne, hanno un reddito dignitoso sembra che il tempo della ghettizzazione stia per diventare un ricordo e possa aprirsi una stagione nuova all’insegna dell’emancipazione da una condizione davvero primitiva, perché privata dell’esercizio dei diritti fondamentali alla cittadinanza. 

Quante volte i linticchieddi sono stati oggetto, dei nostri politici da ‘due soldi’, di compravendita del voto. Chi non aveva niente, come nel loro caso, non perdeva niente. Lo scambio tra voti e denari era una manna che si concretizzava ogni qualvolta vi erano elezioni, non importava a quali livelli. Il loro ghetto è stato sempre un serbatoio di voti disponibile al migliore offerente. Ora tra chi dà il voto per 50 euro e chi lo compra, dei due, penso che linticchieddu sia il secondo. Una volta non era così.

Angelo Vita

(Psicopedagogista – docente di Filosofia e Storia)