(Nella foto, studenti e organizzatori in visita al campo di “tumminia”).
Come anticipato ieri, questa mattina studenti dell’istituto alberghiero “Ambrosini” di Favara sono stati coinvolti in una visita guidata ad un campo di grano antico (varietà “tumminia”) in contrada Ciavolotta. Con loro anche un gruppo di ragazzi di Canicattì che frequentano un corso di formazione professionale. L’iniziativa è partita dall’Ufficio Intercomunale Agricoltura dell’assessorato regionale alle Risorse Agricole diretto dall’agronomo Carmelo Rinoldo coinvolgendo la pro loco Castello, lo stesso alberghiero “Ambrosini”, il Comune di Favara e l’ufficio educazione alla salute dell’Asp. La visita presso l’azienda Cinquemani è stata guidata dall’agronomo Rinoldo che ha declinato i motivi per cui sarebbe più opportuno e conveniente tornare alla coltivazione dei grani antichi che sono più salutari, più digeribili e certamente meno allergenici. “Nel progetto – ha detto il funzionario regionale – sono coinvolti anche alcuni panificatori che si sono impegnati ad acquistare questi grani di nicchia che hanno un prezzo superiore agli attuali. Ovviamente anche il pane costerà di più”. Il maggior prezzo è dovuto al fatto che un ettaro di terreno coltivato a grano antico ha una resa inferiore a quella di un grano moderno. Si passa, infatti, dai 40 ai 15 quintali. Ma per recuperare le tradizioni del passato occorre in primo luogo sensibilizzare sia i produttori che i consumatori sapendo che una piccola spesa in più sarà ben ripagata in benessere per la salute. A dare spiegazioni agli studenti sono stati anche l’insegnante di cucina dell’“Ambrosini” Angelo Trupia, il dirigente dell’Asp Mimmo Alaimo e il presidente della pro loco Antonio Moscato che ha fatto riferimento anche alla storia della vicina zolfara. Per il Comune di Favara è intervenuto l’assessore alle attività produttive Umberto Rumolo che ha mostrato interesse a un’iniziativa che potrà consentire il recupero di varietà di grano come il “tumminia”, il “russello” e lo “sperciasacchi”. “Coltivare queste varietà – ha concluso Rinoldo – consente di evitare l’uso di erbicidi visto che sono a taglia alta prendendo il sopravvento sulle malerbe”.