“La mia salvezza è stata reagire alla crisi alzando la testa. E’ la mia ricetta di vita”. Ne è convinto Gero Sicilia che proprio nel 2008 aprì, con la moglie Alina, la Pasticceria di Sicilia, che in otto anni è diventata praticamente un’istituzione nella cittadina di Favara, in provincia di Agrigento. Sicilia ha 40 anni ed è cresciuto nei laboratori artigianali dove lavorava con la sua famiglia. L’anno della crisi, che ha portato con sé una ecatombe nel mondo imprenditoriale, è stato la prova del nove: solo chi aveva una buona reputazione ce l’ha fatta. “Anche noi ce l’avevamo – dice l’imprenditore- si chiama determinazione. Quando ho deciso di aprire la pasticceria, lo sconsigliavano tutti. Era l’anno della crisi in tutti i sensi, anche dell’animo. Ma credevo in me stesso, e nelle mie capacità. Ho pensato che da un atteggiamento positivo avrebbe potuto nascere qualcosa di buono. Se mi sono pentito? No, assolutamente. Anche se in Italia e ancor di più nella nostra zona, il massimo che si possa raggiungere è la sopravvivenza imprenditoriale. Che è già qualcosa, comunque. E poi, si può sempre migliorare. Ci si può sempre svegliare da questo torpore, il cambiamento deve partire da noi. Come? Con una buona condotta, per quanto è possibile. Con la creatività, l’ambizione. E’ l’unico modo per contrastare una politica indifferente, un sistema che pretende senza dare alcun sostegno. Che ti mette alle strette ostacolando il percorso, quando dovrebbe essere proprio il contrario”. Sì, perché in otto anni, questo angolo dolce di Favara di momenti bui ne ha attraversati parecchi: “Eravamo partiti con il piede giusto. E’ come se avessimo avuto, davanti a noi, un’autostrada libera da percorrere alla velocità che ritenevamo più opportuna. Noi abbiamo scelto la prudenza, la pianificazione”. La strategia d’impresa, in altre parole. Non è stato facile e non lo è tuttora, per Sicilia. E il momento più duro, in assoluto, è stato quello dell’apice acuto della crisi, tra il 2013 e il 2014. “La morte del settore edile, che fino al giorno primo teneva in piedi questa zona, ci ha colpito duramente – racconta – In poco tempo, da un giorno all’altro, non c’erano più operai, non lavoravamo più. Erano loro i nostri più importanti clienti. E’ stato un momento duro, e se non fossimo stati abbastanza motivati non ce l’avremmo fatta. Abbiamo pensato, quindi, a cosa avremmo potuto inventarci, per ribaltare la situazione. E’ così che da due anni abbiamo aggiunto anche la caffetteria. E’ stata la carta vincente per recuperare. Ora ci siamo stabilizzati, ma non possiamo mollare un attimo. Siamo sempre indietro con i pagamenti. Quali sono i veri problemi? Oltre alla materia prima, carissima, sono le tasse il vero massacro. Ogni mese, quando arriva, puntuale, il conto, ho la stessa reazione: mi prende lo sconforto, vorrei buttare tutto all’aria. Detesto quei giorni, quelle sensazioni. Mi sento impotente. Credo che non ne valga la pena. Mi trovo in difficoltà a pagare ad esempio acqua e rifiuti – dice – Eppure lavoriamo. Non mi vergogno a dirlo, perché la colpa non è nostra. Facciamo di tutto per avere una buona condotta imprenditoriale, ci conoscono anche per quello. Il costo della luce è esagerato, arriva fino ai duemila euro al mese”. Il rapporto con i fornitori si basa sempre più sulla fiducia: “Paghiamo sempre in ritardo – ammette Sicilia – però paghiamo. E’ il nostro dovere morale. Deve essere il nostro primo pensiero, insieme a quello di garantire un’esistenza serena ai nostri dipendenti. Ma non è più come prima, comunque: ora entro sessanta giorni si devono saldare i debiti. Prima avevamo un lasso di sei mesi. E’ dura. Come riusciamo a pagare? Ci limitiamo in tutto. Letteralmente. Non possiamo sgarrare. Pagare i nostri debiti è l’unica cosa che ci consente di dormire la notte”.
E quale sarebbe l’alternativa, per chi ha un minimo di ambizione e vuole mettersi in gioco e, magari, vedere cresce un sogno? “Non ce ne sono – risponde – I piccoli imprenditori, come noi, devono dare una lezione al sistema. Devono contrastarlo con tutte le loro forze. Non ci sono altre opzioni, se non quella di soccombere, di farsi calpestare definitivamente”. Rimanere a galla, in sostanza, deve essere la missione del piccolo imprenditore di successo. Perché Gero Sicilia, in effetti lo è e la sua terra l’ha conquistata. Per qualcuno, ancora e per fortuna, la rassegnazione non è nemmeno l’ultima spiaggia.