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Erosione costiera nell’agrigentino: la ricetta degli architetti per arginare il fenomeno

La Mendola: “Necessaria una revisione globale del sistema di protezione delle coste, fondata su approfonditi studi meteomarini”.

Impedire lo scarico a mare di acque reflue non depurate e la pesca a strascico, rigenerare le praterie sommerse di Posidonia oceanica, rivedere il sistema di pennelli e barriere frangiflutti a protezione delle coste, alla luce di approfonditi studi meteomarini. È questa la ricetta degli architetti per arginare il fenomeno dell’erosione che interessa la costa agrigentina che da Porto Palo di Menfi raggiunge Licata per una lunghezza complessiva di oltre 140 chilometri. Lunghi tratti di questo magnifico litorale sono purtroppo sottoposti a fenomeni di erosione alimentati soprattutto dalle correnti marine di ponente, così come di libeccio e scirocco.
“La causa dell’erosione – afferma il presidente dell’Ordine degli architetti, Rino La Mendola – è da attribuire alle attività antropiche non sempre realizzate a seguito di approfonditi studi meteomarini e nel rispetto delle regole più elementari per scongiurare l’inquinamento del mare. Ad esempio, le infrastrutture portuali del litorale agrigentino riducono notevolmente la deriva litoranea da Ovest verso Est, escludendo ampi tratti da una ridistribuzione naturale di materiali detritici elaborati dal mare. Inoltre, le spiagge, anche quelle protette dalle correnti principali di ponente con pennelli e barriere frangiflutti, rimangono spesso esposte alle onde prodotte dai venti di Scirocco e Libeccio, che, pur spirando con minore frequenza e intensità, determinano una continua erosione della costa. Non potendo rimuovere di certo le tante opere antropiche che hanno determinato nel tempo l’attuale quadro erosivo – continua La Mendola – le attività oggi praticabili, sono di due tipi: gli interventi urgenti a breve termine, consistenti nella realizzazione di scogliere di protezione dei tratti di spiagge aggrediti dall’erosione, indispensabili ma non risolutivi delle criticità alla radice; le attività a medio termine, supportate da studi meteomarini specialistici, che possono essere così sintetizzate:
La prima attività riguarda la rigenerazione delle “praterie sommerse di Posidonia oceanica, impedendo contestualmente la pesca a strascico e lo scarico a mare di acque reflue non depurate, cause principali della progressiva distruzione delle preziose piattaforme di attenuazione naturale del moto ondoso, fondamentali per ridurre l’energia del mare che si abbatte sulla spiaggia emersa.
La seconda è quella di continuare a eseguire la manutenzione del reticolo idrografico evitando la cementificazione degli alvei, così da lasciare che i corsi d’acqua continuino ad alimentare le spiagge con l’apporto solido depositato alla foce degli stessi.
La terza, meno naturalistica ma oramai necessaria, è l’auspicabile revisione del sistema di barriere sommerse artificiali a protezione dei tratti di costa aggrediti dalle mareggiate, ma solo a seguito di approfonditi studi meteomarini, finalizzati a evitare che tali presìdi, proteggendo un tratto del litorale, provochino fenomeni erosivi nei tratti di costa vicini. Ci fa piacere – conclude il presidente degli architetti – registrare l’impegno del governo regionale per intercettare le risorse necessarie all’adozione di interventi a breve e a medio termine, che potranno alimentare le politiche sopra richiamate, sempre più indispensabili e urgenti per arginare il fenomeno dell’erosione costiera che rischia di compromettere irrimediabilmente la bellezza del nostro magnifico litorale”.