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Mattarella: l’eredità di Moro tra PD e M5S

pegasoPANIFICIO CANNATELLO

 

La sconfitta del PD alle elezioni politiche tra le tante ragioni diffusamente elencate negli ultimi giorni, trova fondamento in quella del deficit di stato sociale che cittadini, lavoratori e le famiglie hanno duramente pagato in questi ultimi anni e che l’azione di Governo non ha colmato. Secondo Massimo Cacciari “le politiche socialdemocratiche tradizionali avevano bisogno di amplissimi margini di sovranità nazionale e autonomia della decisione politica”.

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Dunque “non potrà esservi politica socialdemocratica se non a dimensione europea.”

“ la sinistra deve porre la propria candidatura con idee e uomini all’altezza del salto d’epoca alla guida d’unione”. Per farlo deve essere alla guida di Governi nazionali e da qui possiamo fare l’elenco di cio’ che divide i maggiori soggetti politici eletti in Parlamento, M5S e PD, partendo dal risultato elettorale e non già dai vaticini di commentatori talk show. Diciamo subito che tutte le combinazioni per comporre il Governo dovranno affrontare una sfida globale atteso che Cina,USA e Russia si muovono sul teatro internazionale dell’economia con interessi “imperiali” che giganti come sono rischiano di schiacciarci anche solo per imperizia. Il rischio che il paese si ritrovi una platea di consumatori di prodotti imposti e non di cittadini con i loro diritti non è affatto scongiurato se non verrà affrontato con visione e strumenti all’altezza della sfida. Fin qui il M5S ha manifestato secondo Sofia Ventura “ l’idea di sovranità popolare, (esiste solo il popolo che puo’tutto),incompatibile con tutta la tradizione del costituzionalismo moderno,con la dottrina della democrazia rappresentativa”. Del PD si puo’ dire tutto ma non che non sia conforme a tale dottrina e al netto di qualche caduta di Renzi è autenticamente europeista. Non meno distanti appaiono la politica economica e il dossier lavoro a seguire il refrain di questi giorni. Tuttavia ci soccorre una lucida riflessione di Aldo Moro, di cui in questi giorni ricorre il quarantesimo anniversario della strage di via Fani, che senza alcuna trasposizione immediata và riletta e se possibile meditata. Il 18 nov. 1997 a proposito di democrazia in un regime socialista, Moro, seppur lontanissimo dai comunisti per cultura politica a Benevento nel suo discorso sosteneva”Vogliamo capire meglio,per orientaci meglio,quale possa essere un nuovo, stabile,sicuro,difeso modo di vivere libertà e democrazia”. E ancora il 28 febbraio 1978 sedici giorni prima del rapimento, aveva invitato la DC a guardare fuori dal palazzo nel cuore dell’emergenza reale che è nella nostra società. “la deformazione della libertà che non sa accettare vincoli né solidarietà”. Allora esortava “immaginate cosa accadrebbe in Italia,in questo momento storico,se fosse condotta fino in fondo la logica della opposizione,da chiunque essa fosse condotta.” Ecco è tutta qui la grande lezione morotea nel nostro contesto storico certamente cambiato ma per nulla rassicurante in tema di tensioni fra grandi potenze globali, con la finanziarizzazione  dell’economia e la debolezza della politica che produce enormi diseguaglianze e sacche di povertà che l’assistenza riduce da cittadini indigenti consumatori. L’ultimo moroteo in servizio è Mattarella chissà se vorrà “ricercare se tra queste due forze antitetiche,alternative,vi possa essere qualche punto di convergenza,per lo meno su alcune cose, se vi possa essere interesse a capirsi reciprocamente intorno al modo di soluzione di alcuni problemi del paese” per citare ancora Moro nel discorso al consiglio nazionale DC del 28 febbraio 1978. Conosco l’obiezione: Mattarella non né Moro!  Scopriremo vivendo se il metodo è la sua eredità fin qui rimossa!