…l’aria fresca e tersa sferzata da un forte vento di tramontana hanno fatto da sfondo – all’uscita di casa – ad uno stormo d’uccelli che sembrava festeggiare insieme la fine dell’anno che sta per lasciarci. Migliaia di volatili, che fanno la spola tra i pini ed il cielo sorvolando i palazzi vuoti e grezzi, danno spettacolo a chi ne coglie le giravolte, i ‘disegni’ di stormo, guidati da un sentire comune, da un’intelligenza collettiva che – da sola – distingue le difficoltà del singolo dalla forza della rete e della molteplicità. Basta uno sguardo alla natura, alla vita che ci circonda per renderci conto che il nostro ‘io’ trova nel ‘noi’ la sua più alta espressione e la sua riconoscibilità collettiva. Siamo parte di un intero che ci comprende e che ci aiuta a trovare un’identità che non può prescindere dallo stare e vivere in una comunità di cui condividere percorsi di rete proiettati alla costruzione di nuove modalità di stare insieme e di trovate nuove vie per nuovi equilibri ogni qualvolta questi vengono meno. Lo stormo, la rete, il gruppo… che sembrano uniformare ed appiattire possono essere, invece, strumenti indispensabili per migliorare la specie e superarne i limiti che si incontrano durante la vita che viviamo. Il disagio diffuso che abita la società globale ci chiede di uscire fuori dalle nostre case e di costruire reti di uomini e donne che contribuiscano a creare degli ‘anticorpi’ per contrastare le problematiche che hanno riempito i DSM (Dipartimento di Salute Mentale) della psichiatria di parole che mortificato la vita nel suo processo di trasformazione e di ricerca verso equilibri sempre più nuovi e più vicini alla vita che cambia. Uscendo per strada è come se lo stormo avesse voluto farci vedere per l’ennesima volta ciò che ancora stenta a decollare: la rete… senza la quale gli sforzi messi in atto possono diventare sterili e non riuscire a partorire il nuovo che il disagio spinge a far nascere.
Rivolgo ancora una volta gli occhi al cielo e provo meraviglia per ciò che vedo e soprattutto sento. Gli uccelli, fuori dagli schemi/modelli che hanno ingabbiato gli uomini ‘civilizzati’ ci ricordano ciò che siamo stati allo ‘stato di natura’… una comunità/rete di uomini liberi che vivevano per vivere, per dare senso al senso della vita e per sfamare la propria ed insaziabile voglia di esserci in questa grande, complessa ed articolata ‘bella d’erbe famiglia e d’animali’ (U. Foscolo).
Diciamoci la verità: stiamo continuando a vivere secondo un modello che non è poi così umano. Abbiamo assoggettato l’uomo alla ‘tèchne’ tanto da costringerlo a tramutarsi in oggetto del ‘cannibalismo finanziario’ (in merce/scambio)… e sottoposto alle regole di un mercato in cui il valore è dato dalla capacità di ‘creare’ profitto e dimentico di esprimere per intero la propria ‘iità’, la propria voglia di esserci con la testa e col cuore, col corpo e con l’anima. È una verità molto simile all’aletheia, allo ‘svelamento’, alla ‘rivelazione’ che ci schiude davanti ciò che non abbiamo voluto vedere e che invece viene illuminato a giorno dalle difficoltà che abbiamo nel costruire ‘stormi’ capaci a mettere insieme uomini e donne desiderosi di viaggiare insieme verso mete ontologiche in cui vengano a sanare le parti ritenute improduttive o di intralcio da questo modello economico-finanziario autoreferenziale e miope.
Riprovo a rivolgere gli occhi al cielo e mi riempio l’anima di ciò che non vedo e non sento che ci sia più in questa terra corrotta dai profitti e da soluzioni individualistici deludenti, illusorie e provvisorie. Se anche i potenti volgessero gli occhi al cielo potrebbero vedere la povertà dei loro cuori inariditi dall’effimero di una vita spesa per la spesa e consumata in ogni sua declinazione umana.
Per loro tutto è profitto e tutto è solo profitto… persino il malato, il disabile, il tossicodipendente, il disagiato cosiddetto mentale… mettono in moto un sistema/rete di comunità terapeutiche di settore che, come Re Mida, traducono in ‘oro’ tutto quello che ‘curano’. Ed è un modello di ‘società globale (che) uccide la fantasia, le aspirazioni, le giuste e lecite ambizioni e i valori da perseguire e/o da ricercare diventano essere belli, ricchi, famosi… la vita (invece) si nutre di cultura: essa è platonicamente eros. Slancio verso la bellezza del sapere e della conoscenza, che è anche confronto e dialogo con l’altro, mentre il denaro non fa andare lontano; il sapere è… come giustamente sosteneva don Milani via per il riscatto e per la vera affermazione, che non sono prevaricazioni, ma acquisizioni della consapevolezza nella relazione con se stessi e con gli altri’ (Stefano Salmeri). Ed il problema sta tutto qui. In questo iato tra il sistema della società/globale a guinzaglio del modello finanziario che ha ridotto l’uomo-massa a mercenario di se stesso e una certa idea o pedagogia della liberazione come piacerebbe sostantivarla a Freire che sembra andare contro vento perché schiacciata al ruolo di ‘serva della gleba’ in cui lo zar può dormire sonni tranquilli specie dopo la caduta del ‘muro di Berlino’ che – di fatto – ha sancito il primato del potere monolitico dell’impero finanziario che non dovrà più rendicontare al dirimpettaio modello socialista ma agli stessi suoi competitor che si nutrono della stessa linfa prodotta da sé e che determina lo stare dei popoli a cui questa idea mostra i denti senza riuscire – ahinoi – ad incidere in maniera significativa sul cambio rotta auspicato ma in atto deluso.
Ed è uno ‘iato’ che non lascia tante chance a chi vorrebbe puntare sullo stormo su una rete di senso per attivare relazioni significative e riprendere gli insegnamenti che la storia ha partorito nei secoli e che ultimamente hanno messo sotto scacco per evitare che fosse la parte ontologica della vita a predominare su quella simbolica dell’avere…
Rivolgere gli occhi verso il cielo e ‘leggere’ i messaggi che la vita in volo ci manda a getto continuo ci permette di riflettere su dove siamo capitati e sulle difficoltà che abbiamo davanti per ritornare a ‘volare’ spediti verso la nostra parte ontologica corrosa ed oltraggiata dalla povertà dei ricchi di niente.
Angelo Vita
(Psicopedagogista – Docente di Filosofia e Storia)