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Antonio Bellavia un protagonista della “Storia della musica” favarese e del cambiamento di costume

pegasoPANIFICIO CANNATELLO

La stampa locale in questi giorni dà risalto all’evento che si celebrerà il 23 marzo p.v. dal titolo “Storia della musica” intervistando alcuni dei protagonisti delle band che si sono costituite in quegli anni I quali raccontano dell’entusiasmo (Antonello Bosco) e delle difficoltà incontrate per amore della musica (Franco Puccio). Quest’ultimo, per conoscenza diretta, un talento non comune riconosciuto dai complessi (cosi si chiamavano all’epoca) anche fuori dal perimetro favarese che era meno provinciale e di cui diro più Avanti. Tra la fine degli anni sessanta e I primi anni 70 vi fu’ un florilegio di gruppi musicali. Che cosa era accaduto in una città prototipo del grigiore con cui sono descritti gli anni cinquanta? Dove le ragazze di “buona famiglia” non avrebbero dovuto frequentare un capellone?
Era avvenuto che una pattuglia di ragazzi dalla metà degli anni sessanta fino al sessantotto,quando la politica prenderà il sopravvento, secondo Edmondo Berselli, danno vita a Favara “ad un lungo istante stregato” un momento in cui tutto il mondo si è colorato e contagia anche noi. E’ il Beat con le chitarre Eko e del “nessuno mi puo’ giudicare nemmeno tu”
Le band locali suonavano le canzoni piu’ popolari, la svolta avviene quando Antonio Bellavia un istrionico e brillante giovane introduce nel repertorio Otis Redding, Shocking blue, Led zeppelin con franco Puccio e Antonio Lentini indimenticato bassista. Li, la soul music e il rock, diventano un fatto di costume che contagia una fascia di giovani che nei licei e al ragioneria di Agrigento apprendevano dei “ragazzi del fiume di Paolo Punturello”, “dei new condor” dove Tonino Migliacci cantava Ticket to ride dei Beatles in inglese. Bellavia è un anello che  unisce a un mondo, come scrive Berselli, in cui sembrava che ci fosse spazio per una speranza, una attesa, una liberazione. Antonio Bellavia sulla scena era il nostro Mick Jagger: I capelli lunghi l’abbigliamento eccentrico ci rappresentava tutti. Seguivamo, imbucati nei matrimoni, le loro serate senza che le famiglie degli sposi si opponessero, anzi talora applaudivano quando in pista ballavamo la famosa “ 30 60 90” di DUKE of BURLINGTON suonata dagli amici del Juke box dei fratelli Sanfilippo di Porto Empedocle. Un cambio di paradigma che ha segnato la storia e le nostre vite perchè alcuni di noi non si sono mai  definitivamente staccati da quella stagione con il passare del tempo. Per dirla ancora con le parole del sociologo scomparso il molti siamo diventati “Adulti con riserva” quei ragazzi sembrano non abbandonarci e li facciamo rivivere nel Karaoke in veneranda età.
Tutto a dispetto di quello che avveniva nel paese e nel mondo nella stessa epoca: Il “piano solo” un tentativo di colpo di stato, la baja dei porci a cuba, la Guerra del Vietnam che noi conoscemmo con “c’era un ragazzo che come me amava I Beatles e I Rolling stones” canzone scritta da Mauro Lusini che Gianni Morandi porto al successo, ma che Joan Baez elesse a manifesto di una generazione che ripudiava la Guerra facendoci risvegliare da un sogno.

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