Il “giorno del ricordo” è stato fortemente voluto dal governo Berlusconi, con la legge del 30 marzo 2004 n.92, con l’appoggio di tutta la destra post fascista e con la compiacenza di tutto l’arco costituzionale.
Questa legge centra un duplice obiettivo. Da un lato va a negare i crimini italiani in Jugoslavia e dall’altro riduce la prospettiva storica all’ultimo periodo della disputa addossando tutte le colpe dell’eccidio delle foibe agli slavi.
Da allora si sono svolti un po’ in tutta Italia numerose conferenze, seminari e cerimonie che si sono semplicemente focalizzate sulla questione delle “Foibe” mentre tanti circoli ARCI e ANPI sono impegnati in un’analisi a tutto campo di questa brutta pagina di storia. In questa sede, proveremo a riavvolgere, per intero, il nastro della storia in modo da chiarire, nello specifico, quello che è accaduto prima delle foibe, al solo scopo di fare chiarezza per un preciso dovere di lealtà e verità.
Il cosiddetto “fascismo di confine”, nei primi anni ‘20, aveva come obiettivo la cancellazione dell’identità culturale e linguistica delle minoranze interne. Si parlò addirittura di “snazionalizzazione” e di “genocidio culturale”. Perseguendo questo obiettivo, i fascisti italianizzarono i nomi e cognomi delle minoranze, cancellarono la segnaletica stradale in lingua straniera, eliminarono dalla scuola l’insegnamento della lingua Slovena e furono confiscati terreni, cooperative, bestiame e fabbriche di proprietà delle minoranze slave.
Nel corso della seconda guerra mondiale la situazione peggiorò drasticamente.
Con l’armistizio di Cassibile del ‘43, i partigiani slavi presero coraggio e intensificarono le loro rivolte contro i tedeschi e italiani. In questo periodo di sbandamento generale, molti militari italiani scelsero di unirsi ai partigiani jugoslavi, tra cui i favaresi Vincenzo Diana e Antonio Lombardo. Sul finire del conflitto, i soldati di Tito attaccarono anche le zone italiane e fu la strage delle foibe (si stimano 11000 infoibati). Alcuni storici sostengono che questo vergognoso massacro si sia compiuto in nome di una presunta “pulizia etnica” fatta dal partigiano Tito, leader della riunificazione slava contro gli italiani. Niente di più falso: le foibe furono il prodotto delle mire espansionistiche del Maresciallo Tito e, in parte, la vendetta slava nei confronti dei fascisti che dagli anni ‘20 agli anni ‘40 seminarono odio e terrore fra i civili. Ovviamente, niente può e deve giustificare quegli orribili massacri di italiani siano stati essi fascisti o repubblichini o, peggio ancora, di gente innocente e, addirittura, di esponenti del CLN di Trieste (rei di essersi battuti perché le loro zone non finissero sotto l’occupazione Jugoslava). Studiando questi dati, è chiaro che una seria riflessione sui fatti va fatta in modo globale.
In ultima analisi, riteniamo di buon auspicio storico il fatto che, quest’anno non si è celebrato il cosiddetto “giorno della memoria e del ricordo”. Questa manifestazione che si svolgeva tra il 23 gennaio e il 10 febbraio, quasi alla scopo di mettere sullo stesso piano le due tragedie storiche, rischiava, dal nostro punto di vista, di creare confusione e disinformazione rispetto due avvenimenti storici completamente distinti e separati. Non esistono fili conduttori che, in qualche modo, giustifichino questa sorta di comparazione fra le due date simboliche che meritano, certamente, riflessioni sempre più compiute e documentate.
Senza voler urtare la sensibilità di qualcuno, diciamo che i morti non sono tutti uguali dal punto di vista storico.
La pietà, invece, è per tutti.
Pasquale Cucchiara