Politica Primo piano

Recarsi a votare anche se non abbiamo stimoli per farlo

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COOPERATIVA SANTANNA

Oggi, il Palazzo, tenta di sopravvivere tenendo in vita artificialmente leader bolliti, politici senza nessun carisma e frattaglie varie, nella speranza che riescano ad abbindolare ancora una volta gli elettori e a salvare un’altra volta la loro baracca.

L’Italia ormai è un paese dominato da concorrenti allo sbaraglio. Sembra un po’ il casting del Grande Fratello. Li vedi dappertutto: nei salotti televisivi e nei locali al chiuso, affollato dalle solite truppe cammellate che corrono solo per fare massa. Dicono di voler scendere in campo per restituire la vista ai ciechi, le case ai terremotati e la salute ai lebbrosi. Con la nuova legge elettorale ci hanno scippato un’altra volta il diritto di scegliere i nostri parlamentari. Liste piene di figli e mogli, nipoti e pronipoti.

Ciò che conta è il cognome, e i voti che porta, altro che idee e programmi. Quasi tutti preparano la carica dei “raccomandati” che alle urne cercheranno di proseguire la tradizione di famiglia. Da oltre un decennio la classe politica promette di tagliarsi i privilegi e visto che non l’ha voluto fare in questa legislatura adesso si sono inventati sgravi fiscali e stipendi per tutti.

Al paese si continuano a prospettare redenzioni dal 5 marzo in poi, svolte epocali, disegni provvidenziali, soldi a tutti, giovani, sposati, pensionati e perfino il rimborso della spesa del flauto comprato per i figli alle scuole medie, dentiere perfino per cani e porci, niente tasse sulle auto, redditi di cittadinanza, d’inclusione, di dignità, di pietà. Ma nessun che osa parlare del debito pubblico, del sud e dei giovani a cui non sarà dato né un lavoro né una pensione.

Poi passerà la festa e si troverà un grigio signore, senza nessuna autorevolezza, a raccattare i cocci del banchetto elettorale e a formare mesto e sbilenco un altro governo ibrido di passaggio, corridoio verso il nulla, verso il vuoto.

Ora, viene di chiedere ai nostri concittadini: è questo il meglio a cui aspiriamo?

Possibile che dopo esserci lamentati per anni siamo disposti il 4 marzo prossimo a farci prendere dalla pigrizia e a restare a casa in ciabatte, rincitrulliti davanti al televisore?

Mancano poche ore al voto. Iniziamo a pensare che se non si schiodano le terga dalla poltrona e si va al seggio, le cose non cambieranno e il giorno dopo ci ritroveremo ancora e di nuovo a lamentarci nelle discussioni sui marciapiedi e nei bar e con la solita solfa di sacrifici solo e sempre a chi ha dato anche il sangue e con un solito Presidente del Consiglio, senza nessun riconoscimento elettorale, a dirigere la musica.

Non si può essere tanto masochisti. Non è possibile. Una bassa affluenza al voto è proprio ciò che auspica il Palazzo. Ma speriamo che almeno tutto sia chiaro a tutti e che nessuno può più dire di non aver saputo: l’hanno capito tutti.

L’elettore pensa che andare a votare è un favore che fà al candidato. Sarà anche così, ma il voto è un diritto conquistato e che se potrebbe, il palazzo, lo toglierebbe pure. Infatti toglierci il voto di preferenza e quindi la possibilità di scegliere per chi votare come lo si può definire se non impedirci l’esercizio del voto?

Il voto è un’arma, cioè la matita del seggio elettorale, in mano al cittadino e non usarla per difendere e scegliere il proprio futuro vuol dire disarmarsi volontariamente di fronte a chi vorrebbe privarci dei nostri diritti.

Non partecipare a scegliere, col voto, significa anche dare mandato agli altri di scegliere al nostro posto, senza contare poi che gli apparati dei partiti, e i parenti dei candidati, sono quelli a cui deleghiamo di scegliere per noi, considerato che loro ci andranno sempre a votare.

Tutti ormai hanno capito il nuovo gioco: fanno finta di litigare ma hanno già deciso tutto, il voto è solo una incombenza della democrazia, i cittadini non possono scegliere né i deputati, né i senatori e nemmeno il partito che deve proporre il nuovo presidente del Consiglio visto che già altissime cariche dello Stato ne fanno il nome apertamente senza un minimo di pudore.

La sera del 4 marzo, chiuse le urne, sapremo molto di quel che ci riserva il futuro. Ma questo dipende da tutti noi: dal nostro voto, e principalmente dalla nostra partecipazione alla scelta.

Ricordarsi che l’unico vero utile è quello dato.