Favaraweb

Per la festa della Repubblica i partiti mandano un messaggio ai sudditi: tu voti ma scelgo io. incredibile storia della rappresentanza.

Il 2 Giugno si celebra la festa della Repubblica e nelle stesse ore si lavora per l’intesa su una legge elettorale che ne svuoterebbe il requisito costitutivo della sovranità popolare.

Nonostante l’enormità del tema rispetto alla scarsità delle competenze disponibili ad affrontare l’argomento cosi tecnico e impegnativo che necessiterebbe della scienza dello studioso,non si possono tacere ai lettori, molti o, verosimilmente,pochi che siano, alcune riflessioni sul dibattito di queste ore sulle regole che dovreddero presiedere al rinnovo del Parlamento e quindi la guida del Governo del Paese.

Che la democrazia sia compatibile con l’istituto della Monarchia, Costituzionale, è un modello che non si fa fatica ad accettare perché ancora vigente nel nord Europa e che siano state ragioni storiche a determinare la controversa vittoria della scelta repubblicana al referendum istituzionale del 2 giugno 1946 è anch’esso un fatto accertato.

Quindi se il popolo non vuole le dinastie al potere,ma istituzioni elettive, deve poter scegliere, in una democrazia rappresentativa, da chi farsi rappresentare.

La Repubblica nasce con la Costituzione ed essa affida ai partiti, con metodo democratico, di concorrere per il Governo del Paese.

Nasce dall’incontro dopo le divisioni, l’aventino e molto altro del ventennio fascista,dall’incontro delle grandi culture politiche del risorgimento italiano,quella laica, la cattolica e quella socialista.

Che camminavano nella società italiana lacerata e diseguale con le gambe di partiti e movimenti con grande e comunque significativo seguito popolare.

Forze che interpretavano le domande e i bisogni del loro tempo e uomini che parlavano il linguaggio delle persone con i cittadini, tra tifoserie e esaltazioni rispondevano all’interesse generale, dei ceti popolari a quelli della produzione, promuovendo la speranza in un futuro migliore, non senza settarismi,ma oggi possiamo dirlo, con la consapevolezza di voler rendere esigibile i principi costituzionali che avevano contribuito a scrivere.

Oggi i partiti hanno un cosi modesto appeal, che nelle elezioni amministrative del prossimo 11 giugno in molte città ( es. Palermo), taluni non presentano nemmeno il loro simbolo alla competizione elettorale in una sorta di finzione scenografica dove lo stesso attore recita piu’ parti in commedia: il vecchio e il nuovo. Ma sempre la stessa recita senza nessuna rilettura di fatti e personaggi.

Nonostante il loro inverosimile imbarazzo cosi diffuso e dibattuto sui temi della rappresentanza pretendono di somministrarci una legge elettorale dove candidati e eletti al parlamento li sceglie tale formazione politica e il cittadino ratifica,ma non sceglie. Perché al netto delle chiacchiere è quello che avverrebbe se il testo rimasse quello di queste ore. E dire che il vecchio sistema è stato consegnato alla storia dal suo estensore come una porcata e quindi latinizzato porcellum. Per questa proposta l’aggettivo è inutilizzabile anche se ne ripete la filosofia. La reiterata volontà di considerarci sudditi e non cittadini suggerirebbe di chiamarlo sudditellum se mai avranno la sfrontatezza di approvare il testo che gira.

Ma stavolta ci sarebbero dentro questo svuotamento della sovranità popolare anche il M5S alla faccia dell’alternativa. Buona festa della Repubblica.